IL TORCHIO NELLA STORIA
Uno strumento
che sfrutta appieno il concetto fisico-meccanico della compressione è il
torchio vinario. I primi modelli trovano testimonianza nell’epoca romana antecedente
all’anno zero, così scriveva Catone il Vecchio (234-149 a.C.) nel “De agri cultura”:
“Torcularium si edificare volet…” (se vuoi costruire un torchio…). Bisogna
attendere il secondo secolo dopo cristo per la progettazione del “torchio a
vite”, il quale ottimizzava la forza applicata per la spremitura delle vinacce.
La presenza di questa struttura nell’epoca medioevale ci è garantita da un
decreto di Carlo Magno dell’800, ovvero il “Capitulare de villis vel curtis
imperii”. Con questo “Decreto” il sovrano dava ai suoi amministratori precise e
dettagliate disposizioni per gestire al meglio le ville di
sua proprietà. L’articolo 48 dice che “i torchi nelle nostre villae siano efficienti e
funzionali. I nostri iudices
provvedano che nessuno si permetta di pigiare la nostra uva con i piedi, ma
tutto si faccia con decoro e pulizia”. L’apice dell’efficacia di tale
tecnologia si raggiunge nel 1400 con il “torchio a leva”, o piemontese, il
quale sfrutta il concetto archimedeo di leva per ridurre al minimo lo sforzo
umano richiesto per imprimere la rotazione della vite che preme sulla placca,
dalla quale segue la compressione. Progettare e costruire uno di questi
mastodontici torchi necessitava una grande abilità che possedevano solo i
“magistri torcularibus” (Maestri del Torchio) come sono chiamati in un
documento bellinzonese.
![]() |
Torchio a vite |
![]() |
Torchio a leva, o piemontese |
Nessun commento:
Posta un commento